Ministeri, rientro in servizio e retorica della ricostruzione

Nazionale -

Tutti fuori, anzi no, tutti dentro! Bisogna risollevare l’economia, assumere un esercito di ricattabili precari, il pubblico impiego deve tornare tutto in presenza, l’economia deve ripartire compresi gli esercizi commerciali che hanno riaperto e devono lavorare e guadagnare. In sostanza “più PIL per tutti!”

Nelle parole di propaganda del Governo siamo passati dalla “retorica della guerra” dove un pugno di eroi (personale medico e infermieristico) hanno contrastato la pandemia, pagando anche con la vita, alla “retorica del dopoguerra” dove, tutti, ma proprio tutti, senza distinzioni anche a fronte di palesi condizioni di fragilità, devono dare il loro contributo alla ricostruzione.

Il problema però è che la guerra non è finita e… il nemico è ancora alle porte!

La querelle sulle vaccinazioni che continua a imperversare per ogni dove è diventato l’utile escamotage per cancellare dalla memoria le condizioni in cui la sanità italiana (considerata in passato tra le migliori d’Europa) è stata ridotta da decenni di politiche di tagli e privatizzazioni con conseguente chiusura di ospedali, presidi sanitari, terapie intensive e feroci riduzioni del personale.

Bisognerebbe forse domandarsi se i 135.000 morti italiani, tra i quali si annovera un consistente numero di personale sanitario nell’esercizio delle sue funzioni, oltre dal Covid-19 siano stati causati anche dalle politiche attuate nei confronti della sanità pubblica.

Intanto nelle Pubbliche Amministrazioni è iniziata la corsa al rientro in servizio. Nel richiamare i lavoratori sul luogo di lavoro sembra però, in alcuni casi, essere venuto meno quel “buon senso organizzativo” dettato anche dalle condizioni soggettive di alcuni di loro; quel buon senso che in generale aveva contraddistinto fino ad oggi le decisioni prese.

Infatti, da più parti riceviamo segnalazioni da lavoratori, in evidente stato di gravi condizioni di salute (seppur non certificate da invalidità permanenti) che sono stati richiamati in servizio a seguito di valutazione da parte del medico competente.

È vero che sono cambiati i parametri medici di riferimento rispetto a un anno e mezzo fa; è vero, anche, che siamo stati tutti, o quasi, vaccinati ma il fatto che questo sia avvenuto, pur non entrando in valutazioni che non appartengono alla nostra competenza, non esclude che vi siano soggetti con gravi patologie che vanno tutelati.

Così come alle stesse tutele devono accedere coloro i quali vengono considerati caregiver ovvero “soggetti che abbiano nel loro nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104” così come recita art. 39 del D.L. 17 marzo 2020 n. 18 attualmente in vigore (coord. con Legge di conversione n. 27 del 24 aprile 2020).

Nel primo caso le Amministrazioni dovrebbero essere chiamate a quelle valutazioni accompagnate dal buon senso sopra citato per mettere in sicurezza alcuni soggetti evidentemente a rischio.

Nel secondo caso si deve prendere atto che la legge prevede espressamente tale tutela sia per i soggetti indicati ed i familiari conviventi.

Del resto, quest’ultimo anno dimostra come i lavoratori dei Ministeri abbiano dato, lavorando da remoto, un apporto fondamentale, continuativo e produttivo alle attività delle Amministrazioni che non hanno subito manchevolezze, ritardi o accumulato arretrati.

Nonostante la situazione pandemica sia sostanzialmente cambiata siamo ormai tutti coscienti che il virus non è scomparso (in aumento la percentuale dei contagi!) e che con l’arrivo dell’inverno e sui mezzi pubblici affollati è possibile una diffusione maggiore del virus.

Tutti vogliamo tornare alla normalità e la normalità significa anche tornare al lavoro. Tutti, però, vogliamo tornare sui posti di lavoro in sicurezza; ma tornare in sicurezza oltre all’applicazione e al rispetto dei protocolli significa in primis tutelare i lavoratori più deboli e quelli più esposti alle complicanze di eventuali contagi.

I cosiddetti “fannulloni” hanno ampiamente dimostrato di avere capacità e conoscenze (spesso acquisite da autodidatta) che hanno permesso alla macchina del Pubblico Impiego di funzionare egregiamente anche in un periodo di drammatica pandemia.

Non ci appartiene la “retorica della guerra” né ci appartiene la “retorica della ricostruzione”, lasciamo a politici e a pennivendoli di professione l’esercizio di tale pratica.

In questa fase, soprattutto, ci preme la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro e, se per qualcuno si tratta solo “di far ripartire il Paese” ad ogni costo, a qualsiasi prezzo, noi non possiamo fare sconti, perché quando l’interesse economico ed il profitto vengono anteposti alla tutela della salute, non esiste sicurezza alcuna.

Ne sono tragica testimonianza i quasi mille morti l’anno sui luoghi di lavoro.

USB Pubblico Impiego - Coordinamento Ministeri

Roma, 5 novembre 2021